ABORTO ED EUTANASIA (Mario Palmaro)

RIASSUNTO  RU486 e testamento biologico

VITE DA BUTTARE

Dalla ru486 al testamento biologico

 

L’incontro del 28 maggio 2010 ha avuto come titolo “Vite da buttare: dalla RU486 al testamento biologico”.
Il 2010 è stato caratterizzato infatti da due eventi che segnano un avanzamento della Cultura della Morte più volte denunciata da Giovanni Paolo II. In entrambi i casi ci si accanisce contro la vita umana nelle sue fasi più deboli: il bambino nella pancia della mamma e la persona anziana.
Proprio quest’anno in Italia è stata introdotta definitivamente la pillola abortiva RU486 che vede, tra l’altro, la regione Toscana al primo posto per pillole vendute. La soppressione degli innocenti viene ancora più banalizzata e si diffonde il falso mito dell’aborto dolce.
L’altro evento è stata la discussione in parlamento sulla legge sul cosiddetto testamento biologico. Con una strana convergenza di tutte le forze politiche, probabilmente si arriverà all’approvazione di una testo che permetterà ai fautori dell’eutanasia di avere diversi appigli nella legge in questione per ripetere tanti casi come quello drammatico di Eluana Englaro che qualcuno si illude di impedire appunto con il testamento biologico…
A parlarci di questi problemi abbiamo avuto il piacere di ospitare per la quarta volta a Staggia il professor Mario Palmaro, presidente del comitato “Verità e Vita”, docente di Filosofia del Diritto alla Università Europea di Roma, conduce su Radio Maria la trasmissione “Incontri con la Bioetica”, fa parte della redazione del Timone.
Ha introdotto la serata il dottor Paolo Delprato, presidente dell’associazione “Scienza & Vita” di Siena e del C.A.V. (Centro di Aiuto alla Vita) di Siena.
Mario Palmaro ha ricordato che quando a Jerome Lejeune chiesero un giudizio sulla pillola abortiva Ru486, il grande genetista francese rispose con una definizione terribile: “E’ un pesticida umano”. Per quanto ruvida, l’espressione rende bene il meccanismo con cui funziona questo prodotto, che provoca la morte e l’espulsione del figlio concepito nei primi 50 giorni della gestazione.
L’immissione in commercio a fine luglio 2009 anche in Italia della RU486 ha aperto una nuova discussione: meglio l’aborto chirurgico o quello chimico? In un dibattito sulla pena di morte, non sarebbe considerato segno di buon gusto discutere sul genere di strumento preferibile per uccidere il condannato. Gli avversari della pena capitale non saprebbero che farsene di uno Stato che, in nome di ragioni umanitarie, prometta di mettere nelle mani del boia mezzi più “umani” e meno fastidiosi per le coscienze. Ghigliottina o fucilazione, iniezione velenosa o sedia elettrica, sempre di pena di morte si tratterebbe. Anzi: quanto più il modo di agire del boia è pulito e indolore, tanto maggiore è il rischio di un’assuefazione collettiva, di un addormentamento delle coscienze. Prova ne sia che talvolta proprio la visione di un condannato sulla sedia elettrica viene usata – più o meno lecitamente – dai mass media per scuotere l’opinione pubblica. Ora, bisogna riconoscere che qualcosa di molto simile accade quando si discute di aborto e di pillola RU486. Si esalta il nuovo metodo e lo si dichiara preferibile all’aborto chirurgico perché meno traumatico per la donna. Ma così facendo, si nasconde il vero nodo del problema: e cioè che, se l’aborto è comunque sempre un male, anche dal punto di vista civile – e perfino i fautori della legge 194 una volta lo ammettevano – allora renderlo più facile e tranquillo non è certo un merito di cui menare vanto.
La RU486, la pillola approvata da fine luglio 2009 anche per l’Italia, permette di evitare il ricorso ai ferri del chirurgo. Ma il risultato è sempre lo stesso: tanto con gli strumenti del medico aborzionista, quanto con le sostanze chimiche ingerite dalla donna, si uccide un piccolo essere umano non ancora nato. Con la differenza che il risultato si ottiene con minor fatica e, dunque, con minor travaglio nella coscienza collettiva della società. So benissimo che il paragone con la pena di morte è irritante e politicamente scorretto; ma occorre riconoscere che, a dispetto dell’imbarazzata cappa di silenzio che nei media avvolge la realtà dell’aborto, esso rimane l’uccisione di un essere umano.
Nessuno può ignorare i drammi e le sofferenze delle donne, spesso lasciate nella solitudine e nella disperazione. Ma ciò non cambia la natura di quel gesto. Nel quale, a differenza di quanto avviene nella condanna capitale, la vittima non è colpevole di nulla, non ha subito un regolare processo, non ha avuto un avvocato a difenderla. Nessuno scenderà in piazza perché il piccolo uomo concepito sia risparmiato dalla “fucilazione” dell’aborto chirurgico, o dalla iniezione letale della Ru486. Per questo, la pillola approvata anche in Italia è davvero un passo avanti. Ma verso il baratro che attende la nostra civiltà ammalata.

 

PER APPROFONDIRE
MARIO PALMARO, Aborto e 194. Fenomenologia di una legge ingiusta, ed. Sugarco, 2008. Clicca qui!


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COMUNICATO  In ricordo di Mario Palmaro
Continueremo la battaglia, come lui ci ha chiesto di fare

 

Il 9 marzo 2014 l’amico Mario Palmaro si è addormentato in attesa della risurrezione. Ci stringiamo in preghiera accanto alla moglie Anna Maria e ai figli: Giacomo, Giuseppe, Giovanna e Benedetto. Una delegazione degli “Amici del Timone” di Staggia Senese è stata presente al funerale a Monza.
Mario Palmaro ha fatto ben otto conferenze nel nostro centro culturale. Per questo e per l’amicizia che ci ha sempre dimostrato gli saremo eternamente grati.
Gli siamo grati anche per la telefonata che ha voluto fare a don Stefano dieci giorni prima di morire. Lo reputiamo un grande, ultimo, gesto di amicizia.

RIFLESSIONI DI MARIO PALMARO SULLA SUA MALATTIA
“La prima cosa che sconvolge della malattia è che essa si abbatte su di noi senza alcun preavviso e in un tempo che noi non decidiamo. Siamo alla mercé degli avvenimenti, e non possiamo che accettarli. La malattia grave obbliga a rendersi conto che siamo davvero mortali; anche se la morte è la cosa più certa del mondo, l’uomo moderno è portato a vivere come se non dovesse morire mai.
Con la malattia capisci per la prima volta che il tempo della vita quaggiù è un soffio, avverti tutta l’amarezza di non averne fatto quel capolavoro di santità che Dio aveva desiderato, provi una profonda nostalgia per il bene che avresti potuto fare e per il male che avresti potuto evitare. Guardi il Crocifisso e capisci che quello è il cuore della fede: senza il Sacrificio il cattolicesimo non esiste. Allora ringrazi Dio di averti fatto cattolico, un cattolico “piccolo piccolo”, un peccatore, ma che ha nella Chiesa una madre premurosa. Dunque, la malattia è un tempo di grazia, ma spesso i vizi e le miserie che ci hanno accompagnato durante la vita rimangono, o addirittura si acuiscono. È come se l’agonia fosse già iniziata, e si combattesse il destino della mia anima, perché nessuno è sicuro della propria salvezza.
D’altra parte, la malattia mi ha fatto anche scoprire una quantità impressionante di persone che mi vogliono bene e che pregano per me, di famiglie che la sera recitano il rosario con i bambini per la mia guarigione, e non ho parole per descrivere la bellezza di questa esperienza, che è un anticipo dell’amore di Dio nell’eternità. Il dolore più grande che provo è l’idea di dover lasciare questo mondo che mi piace così tanto, che è così bello anche se così tragico; dover lasciare tanti amici, i parenti; ma soprattutto di dover lasciare mia moglie e i miei figli che sono ancora in tenera età.
Alle volte mi immagino la mia casa, il mio studio vuoto, e la vita che in essa continua anche se io non ci sono più. È una scena che fa male, ma estremamente realistica: mi fa capire che sono, e sono stato, un servo inutile, e che tutti i libri che ho scritto, le conferenze, gli articoli, non sono che paglia. Ma spero nella misericordia del Signore, e nel fatto che altri raccoglieranno parte delle mie aspirazioni e delle mie battaglie, per continuare l’antico duello”.
Mario Palmaro
27 ottobre 2013

NOI CONTINUEREMO LA BATTAGLIA
Sì, caro Mario, noi raccogliamo le tue aspirazioni e continueremo le tue battaglie in modo da poter dire con San Paolo: “Ho combattuto la buona battaglia, ho conservato la fede” (2 Tm 4,7).

Tutte le conferenze di
LA SENTENZA BENEDETTA  (Tommaso Scandroglio)

LA SENTENZA BENEDETTA (Tommaso Scandroglio)

https://youtu.be/gdQ9WX0YufE?feature=shared LA CORTE SUPREMA USA HA DATO UNA SVOLTA ALLA LOTTA PER L'ABOLIZIONE DELL'ABORTO Una sentenza epocale grazie alla quale si prevedono 60.000 morti in meno all'anno Venerdì 18 novembre il Centro Culturale Amici del Timone di...

LA PROPRIETA’ PRIVATA (Don Samuele Cecotti)

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https://youtu.be/9a_OhyVUK4s?feature=shared COME LO STATO VUOLE APPROPRIARSI DEI TUOI BENI ''Non possiederai nulla e sarai felice'' è lo slogan con cui la sharing economy farà evaporare il diritto alla proprietà privata senza ricorrere agli espropri forzati tipici dei...

HAI PAURA DEL CORONAVIRUS? (Paolo Gulisano)

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Questo video è stato eliminato da YouTube a giugno 2024 quando era arrivato a 20.000 visualizzazioni e oltre 500 like. Dopo un anno, su nostro ricorso è stato di nuovo reso visibile (perché YouTube ha tolto le limitazioni precedenti pubblicando un post con una...

LA GUERRA DEI VACCINI (Paolo Gulisano)

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https://youtu.be/jPjz7Ak8y3o?feature=shared E' GIUSTO CHE LO STATO DECIDA QUALI VACCINAZIONI DEVE FARE TUO FIGLIO? Il vaccino veramente riuscito è stato quello contro il vaiolo, con il quale è proprio nata la pratica vaccinale Gli "Amici del Timone" hanno organizzato...

DAT = EUTANASIA (Tommaso Scandroglio)

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FECONDAZIONE ARTIFICIALE (Tommaso Scandroglio)

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https://youtu.be/S_hWnmgp-50?feature=shared I GIUSTI LIMITI DELLA SCIENZA E DELLA MEDICINA Embrioni congelati, introduzione dell'eterologa, utero in affitto, ecc. Nella conferenza del 21 novembre 2014, a cui sono accorse un centinaio di persone, si è affrontato un...

ALFIE EVANS (Benedetta Frigerio)

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Se apparteniamo all'uomo siamo schiavi del potere e soggetti a selezione secondo l'efficienza, se invece apparteniamo a Dio abbiamo tutti un'enorme dignità https://youtu.be/2d-4zVXjxtE?feature=shared LA TESTIMONIANZA DI CHI HA VISSUTO LA VICENDA DI ALFIE ACCANTO AI...

PEDOFILIA (Don Di Noto e Scandroglio)

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Sebbene sia incredibile, oggi non tutti ritengono che la pedofilia sia un crimine https://youtu.be/c8dlTqBTLxw?feature=shared IL SACERDOTE CHE DA 30 ANNI COMBATTE LA PEDOFILIA IN INTERNET Don Fortunato Di Noto, parroco e presidente dell'Associazione Meter, ha ricevuto...

THE GAY AFTER (Mario Palmaro)

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https://youtu.be/J_vR359m5Ak?feature=shared COSA ACCADREBBE IN CASO DI LEGALIZZAZIONE DEL ''MATRIMONIO'' OMOSESSUALE Il conduttore della trasmissione di Radio Maria ''Incontri con la Bioetica'' ha affrontato il problema dal punto di vista filosofico, morale e...

ABORTO ED EUTANASIA (Mario Palmaro)

ABORTO ED EUTANASIA (Mario Palmaro)

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THE GAY AFTER (Mario Palmaro)

RIASSUNTO  The gay after

COSA ACCADREBBE IN CASO DI LEGALIZZAZIONE DEL ”MATRIMONIO” OMOSESSUALE

Il conduttore della trasmissione di Radio Maria ”Incontri con la Bioetica” ha affrontato il problema dal punto di vista filosofico, morale e giuridico

Che impatto avrebbe la legalizzazione del matrimonio omosessuale sulla società e sulla visione del concetto di famiglia? Questa la domanda da cui ha preso origine la conferenza del Professor Mario Palmaro tenutasi a Staggia il 22 febbraio 2013. Il conduttore della trasmissione di Radio Maria “Incontri con la Bioetica” ha definito la serata come un appuntamento con la nostra ragione, perché discutere di matrimonio e del perché esso debba necessariamente avvenire tra un uomo e una donna, è prima di tutto un’operazione che implica il ragionamento e l’intelligenza. Ed è un tema che riguarda la morale, ma anche l’ambito giuridico e politico. Prima di arrivare a capire le conseguenze che si avrebbero il giorno successivo alla votazione della legge per legalizzare il matrimonio omosessuale e che inserirebbe il reato di omofobia, il Professor Palmaro ha affrontato l’argomento dal punto di vista antropologico, per capire come si è potuti arrivare a mettere in discussione ciò che prima risultava essere evidente a tutti. Innanzitutto si sta affermando una nuova idea di uomo: noi proveniamo da una tradizione filosofica secondo la quale l’essere umano insieme con la sua natura è definito dal suo scopo. Lo scopo per cui esistiamo caratterizza l’uomo in modo oggettivo e definisce ciò che egli deve essere, cioè la propria natura, stabilendo anche ciò che è bene o male per lui. Anche a livello biologico esistono una serie di dati oggettivi che, mostrando come è fatto l’essere umano, portano alla luce ciò che è un bene per lui. Ad esempio, l’alimentazione che fa bene all’uomo non dipende dal proprio gusto soggettivo, ma dall’oggettività della propria natura corporea. Solo capendo che la natura umana è definita da uno scopo, un progetto in cui essa è inserita, l’uomo può capire ciò che è giusto per lui. È in base a questi dati oggettivi che viene stabilita poi la morale e l’etica sessuale e matrimoniale. Nella società odierna, questa idea dell’uomo non è accettata, anzi è fortemente contestata. L’idea che viene contrapposta è quella secondo cui l’uomo è definito dalla propria volontà arbitraria. Secondo tale modo di pensare, l’uomo è ciò che vuole essere in quel momento. Così egli può decidere di essere qualcosa di diverso di volta in volta. Questa è la visione dell’ideologia del genere, una visione omosessualista che sta ormai dilagando nella società. Siccome l’uomo è ciò che vuole essere, non conta più assolutamente niente il dato oggettivo che mostra l’essere uomo e donna. Viene negata persino la differenza che esiste a livello biologico fra il maschile e il femminile, cosa che abbiamo ricevuto e che nessuno di noi ha scelto, per questo si dice che è un qualcosa di “dato”. Tutto ciò che imprime nelle caratteristiche fisiche l’essere maschio o femmina, come i caratteri biologici e genetici, viene rifiutato, in nome di una rivendicazione di autonomia e di libertà di scelta. L’essere umano in realtà non è un essere asessuato, ma esiste solo come maschio o come femmina. Non sono solo i caratteri biologici e fisici a stabilire la mascolinità e la femminilità, ma tutta una serie di comportamenti, modi di essere e di pensare che da essi derivano e che sono necessari alla natura umana. L’appartenenza al mondo maschile o femminile ci caratterizza in tutto il nostro modo di essere. Ma la stragrande maggioranza dei mass media e anche gran parte della gente, sono arrivati a credere che il matrimonio possa avvenire anche fra due uomini o due donne, l’importante è che si vogliano bene. Il fenomeno femminista, ha continuato Palmaro, ha giocato un ruolo fondamentale affinché si arrivasse a questa visione antropologica, perché uno dei capisaldi del femminismo è stata l’omologazione dei sessi. Secondo il pensiero femminista affinché uomo e donna abbiano la stessa dignità, vanno eliminati sia i ruoli maschile-femminile negando le diversità naturali. Tutte le diversità sarebbero solo frutto della cultura, cioè di come i maschi hanno organizzato la società. L’approccio del maschio sarebbe stato oppressivo e tale da creare queste diversità che in realtà non esistono. E le donne hanno sentito il bisogno di affermare questa uguaglianza compiendo esattamente tutte le cose che compie l’uomo, compresi gli errori, così da costruire a tavolino una uguaglianza che però naturalmente non c’è. Su questa idea di omologazione il pensiero omosessualista si è innestato con molta facilità. Oggi il pensiero femminista è in crisi, perché sempre più donne hanno riscoperto la ricchezza dell’avere un proprio modo di essere tipicamente femminile, diverso da quello maschile; ma i frutti velenosi del pensiero femminista sono ormai entrati in maniera così profonda nella società da portare all’ideologia del genere che afferma che non bisogna guardare il dato di natura che ci divide in due sessi, ma che esistono cinque “generi”, che possono venire scelti e ricombinati in base a come uno si sente di giorno in giorno. Tutto diventa relativo e il bene e il male non ci sono più. Come spiegato all’inizio, è sufficiente la ragione per capire che esiste la legge naturale da cui deriva, ad esempio, la certezza che la sessualità non può prescindere dal dato biologico: si nasce maschi o femmine e la nostra felicità dipende dal conformarsi a questo dato di natura. Ma anche se è sufficiente la retta ragione per capirlo, i credenti sono arricchiti dalla Rivelazione che non contraddice i ragionamenti fatti fino ad ora, bensì li rende ancora più comprensibili. Il primo criterio di giudizio per un cattolico è quello di tendere alla perfezione di Dio; “Siate perfetti come è perfetto il Padre mio” dice Gesù nel Vangelo. Qualunque riflessione di tipo morale si muove in questo orizzonte molto esigente. Ovviamente è un tendere alla perfezione senza mai arrivare a tale alto ideale; ecco perché è indispensabile ricorrere ai sacramenti e alla preghiera. La seconda considerazione da fare è che ogni giudizio morale viene formulato perché c’è in gioco la salvezza dell’anima e non perché ci sia un’avversione o un senso di sfida verso alcune categorie di persone. La salvezza dell’anima è decisiva per una eternità di gioia, il Paradiso. È per questo che il magistero condanna l’omosessualità. La Sacra Scrittura ritiene una grave depravazione l’atto omosessuale e nel Catechismo della Chiesa Cattolica questi atti vengono definiti intrinsecamente disordinati. “Intrinsecamente” significa che sono male a prescindere dal significato soggettivo che ciascuno può attribuire loro. Ad esempio, uccidere una persona innocente è intrinsecamente un disordine morale, anche se si avessero le intenzioni più nobili. Sul giudizio della singola persona ovviamente si apre uno scenario ben più complicato in quanto, affinché ci sia un peccato occorre che chi lo compie sia pienamente consapevole che quello che fa è male e lo voglia compiere lo stesso. L’atto omosessuale è un peccato che, secondo la definizione tradizionale, grida vendetta al cospetto di Dio perché ribalta la struttura naturale dell’essere umano e della sessualità che è collegata alla relazione fra uomo e donna in vista della procreazione. Sempre nel Catechismo della Chiesa Cattolica si legge che occorre il massimo rispetto e la massima compassione nei confronti di quelle persone che hanno tendenze omosessuali, le quali sono chiamate alla castità (come del resto tutte le persone non sposate). Dare questi giudizi viene visto come omofobia o razzismo, perché si è creato un clima terroristico da parte del pensiero dominante contro chi vuole ricordare questi giudizi morali. Anche sul piano scientifico molti esperti (medici, biologi, psicologi, ecc.) che cercano di studiare il fenomeno dell’omosessualità, spesso lo liquidano dicendo: “Ma se uno è contento così …” Questo modo di vedere le cose è irragionevole, perché si potrebbe applicare a molti altri comportamenti suscitando lo sdegno dell’opinione pubblica: ad esempio, se di un evasore fiscale oppure di un politico corrotto si affermasse che possono continuare in quel loro modo di essere perché sono contenti così, certamente, ha affermato ancora Palmaro, la gente non sarebbe d’accordo. Infatti, il piano morale non è risolvibile solo soggettivamente, ma ha una sua oggettività. Poi bisognerebbe anche capire se davvero uno sta bene così. Un conto è avere tendenze omosessuali, un conto è essere fautori dell’ideologia omosessualista. Molti politici portano avanti le istanze di tale ideologia pur non essendo omosessuali. Dopo aver analizzato il piano antropologico, il punto di vista della Chiesa e quello della scienza, il Professor Palmaro ha illustrato il problema sul piano giuridico che nel confronto politico e agli occhi dell’opinione pubblica è quello più appariscente. Ha senso promulgare delle leggi per affermare che il matrimonio è identificabile da una relazione fra due persone qualunque sia il loro sesso? La risposta è certamente no, infatti il matrimonio interessa lo Stato perché è il luogo dove un uomo e una donna, quando è loro fisicamente possibile, generano nuovi individui. Quindi lo Stato ha voluto questo istituto giuridico per la fisiologica potenziale apertura alla vita che scaturisce dall’unione di un uomo e una donna. Essi poi devono crescere i propri figli non solo sostenendoli materialmente ma anche educandoli da un punto di vista culturale, morale, civico ecc. Se lo Stato dovesse tutelare tutte le unioni in cui esiste qualcuno che si vuole bene, dovrebbe tutelare anche le amicizie. Infatti anche gli amici si vogliono bene, ma non c’è un istituto giuridico che regoli quelle relazioni attraverso diritti e doveri, perché non interessano allo Stato. Lo Stato è interessato a tutelare il matrimonio perché esso è l’impegno pubblico ad assumersi l’impegno per la costituzione di una nuova famiglia aperta alla procreazione ed educazione della prole. Questo è molto importante per il bene comune e il futuro del popolo. Ecco perché, oggettivamente, l’unione fra due persone dello stesso sesso non ha i requisiti per poter essere un matrimonio. Inoltre bisogna considerare che esiste la libertà pratica di fare quel che si vuole; nessuno impedisce a nessuno di fare le scelte più stravaganti. Il fatto che una coppia omosessuale non si può sposare, non impedisce di fare nella vita privata ciò che vuole. Allora perché tanto accanimento per ricevere un riconoscimento giuridico? Perché, ha concluso Palmaro, attraverso un atto tecnico giuridico si vuole arrivare ad uno scopo simbolico: che culturalmente il comportamento omosessuale e il matrimonio come lo abbiamo sempre considerato arrivino ad essere considerati equivalenti. Allora cosa succede il giorno dopo? Quali sono queste conseguenze così gravi? Se venisse riconosciuto e legittimato giuridicamente il matrimonio omosessuale ci sarebbero delle conseguenze di tipo oggettivo: 1) Conseguenze di tipo educativo Di fronte alla domanda “Qual è il matrimonio?” posta dai bambini, in uno Stato così, un adulto, come un genitore o una maestra sarebbe costretto ad equiparare i matrimoni fra due persone dello stesso sesso con quello fra due di sesso opposto, anche se non fosse d’accordo con questa visione delle cose. Ai bambini verrà insegnato, per legge, questo nuovo modello di famiglia che influenzerà pesantemente il loro modo di rapportarsi in futuro nelle relazioni affettive. Ancor più questo accadrà in caso di adozione, perché è certo che, se due vengono dichiarati sposi lo Stato non potrà più negare loro di diventare genitori, ovviamente con tecniche artificiali o attraverso l’adozione, visto che la natura non permette a due persone dello stesso sesso di procreare. Forse anche la natura verrà inquisita per omofobia? 2) Conseguenze per la libertà di pensiero Quanto detto avrà pesanti ripercussioni sulla libertà di espressione, in quanto, chiunque dicesse che non è d’accordo su questo nuovo modo di concepire la famiglia, sarà denunciato per omofobia. Ecco che, ad esempio, una maestra a scuola non potrebbe più insegnare che il matrimonio avviene fra un uomo e una donna. Siamo arrivati ad un punto in cui la società chiama male il bene e bene il male. Ovviamente esistono i peccati e i peccatori. Tutti noi siamo peccatori e verso tutti i peccatori occorre avere misericordia, ma non c’è misericordia per il peccato, che va condannato. Quando si compie un peccato viene chiamata in causa prima di tutto la nostra coscienza perché non arrivano subito le forze dell’ordine. Dopo che sarà stata approvata questa legge, dire che l’omosessualità è un peccato non sarà più possibile, con conseguente limitazione della libertà di pensiero. 3) Conseguenze per la libertà di insegnamento della Chiesa Tutto quello che è affermato nel Catechismo della Chiesa Cattolica e nella Sacra Scrittura non potrà più essere detto e quindi gli insegnamenti della Chiesa in questa materia saranno censurati. La considerazione finale del Professor Palmaro riguarda l’accento di urgenza che nel giro di pochi mesi è stato dato a questa tematica. In molti Stati, da schieramenti politici di segno opposto fra loro, e quindi in modo unanimemente condiviso da tutte le forze politiche, è già stata votata la legge sui matrimoni omosessuali e anche l’Italia si appresta a farlo, come se fosse un’urgenza nazionale. La domanda che sorge spontanea è: in Italia in questo momento c’è, ad esempio, il problema degli esodati: perché allora pensare alle coppie omosessuali affinché possano sposarsi e non invece ai problemi reali della maggior parte della popolazione? E quante altre urgenze affliggono il nostro paese in crisi! Appare chiaro che quest’ultima svolta giuridica rappresenta il degno epilogo, dopo le leggi per legalizzare il divorzio e l’aborto, perché l’equiparazione delle relazioni omosessuali con quelle eterosessuali è la negazione più radicale della natura umana. In una società in cui si insegna il rispetto per la diversità verso colui che viene da un altro paese e che ha una religione diversa, si permette, dal 1978 di abortire alcuni bambini solo perché “diversi”. Non abbiamo visto in questi mesi la corsa per varare una legge che tutelasse i diritti dei down, ma anzi si assiste sempre più alla colpevolizzazione di quelle mamme che decidono di tenere un bimbo “diverso”. Non è discriminazione questa? In realtà accade questo perché in una società ingiusta il giusto mi ricorda che sto facendo del male tutte le volte che lo compio. Attraverso la visione filosofica e culturale dell’umanesimo era stata lanciata una sfida alla Chiesa: l’uomo veniva messo al centro dell’universo; egli era la misura di tutte le cose e tutto doveva avvenire per la sua esclusiva realizzazione, attraverso il suo saper fare e la sua magnificenza. Questo pensiero ha innescato il principio di progresso moderno, ma è miseramente fallito, nel momento in cui l’uomo ha pensato di poter essere anche un metro per i principi morali, facendo a meno di Dio e soprattutto del Dio incarnato, Gesù Cristo. Un lungo applauso ha concluso la serata, segno che anche l’ottava conferenza di Mario Palmaro a Staggia è stata gradita dal numeroso pubblico presente.

 

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ARTICOLO  Famiglia Cristiana propaganda l'ideologia gay
Ecco come un peccato che grida vendetta al cospetto di Dio diventa accettabile in un giornale che forse dovrebbe più correttamente chiamarsi Famiglia Pagana

“Mamma, mamma, che cos’è una lesbica?”. La mamma di Pierino ha un attimo di smarrimento, vacilla, cerca di organizzare la risposta, ma per prima cosa chiede al suo bambino: “Dove hai sentito quella parola? Al telegiornale, a scuola o forse al campo sportivo?”. “No mamma: l’ho letta su Famiglia Cristiana”. Al che la povera genitrice corre in soggiorno a sfogliare la gloriosa rivista cattolica dal nome rassicurante. E qui la povera donna scopre, con sgomento, che Pierino dice la verità. Perché nel numero 2 di Famiglia Cristiana di quest’anno, 13 gennaio, sulla terza di copertina campeggia una pagina di pubblicità ideata dal Dipartimento delle Pari opportunità e dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Una pubblicità nella quale si vedono le foto di tre sconosciuti, accompagnate dalla seguente didascalia: “alto”, sotto il primo personaggio; “lesbica” sotto la seconda; “rosso” sotto al terzo, che ha effettivamente i capelli rossi. Segue slogan perentorio: “E non c’è niente da dire”. Segue spiegazione per i più duri di comprendonio: “Sì alle differenze. No all’omofobia”. A questo punto io capisco benissimo che i lettori si stropicceranno gli occhi, e si metteranno a rileggere questo articolo dall’inizio, pensando di avere avuto un’allucinazione. Ma purtroppo è tutto vero: se portate in casa vostra Famiglia Cristiana, preparatevi a dover spiegare al pupo che cos’è una lesbica o un gay, preparatevi a tenere seminari serali per chiarire il concetto di omofobia, preparatevi a insegnare con pugno di ferro a tutta la prole, e ovviamente anche al genitore numero due (l’uso di parole come moglie o marito potrebbero essere considerate sintomo di omofobia), che intorno a questo tipo di diversità “non c’è niente da dire”. Ormai anche i più duri di comprendonio l’hanno capito: è partita la più colossale campagna mediatica, ideologica, politica e legislativa di tutti i tempi per trasformare a livello planetario ciò che è anormale in normale, ciò che non è naturale in naturale, ciò che non è fisiologico in fisiologico. Più o meno tutti sanno che la dottrina della Chiesa si oppone a questo disegno di pervertimento dell’ordine naturale. Più o meno tutti sanno che a un vescovo, quello di Trieste, è stato impedito di uscire di casa da un gruppetto di facinorosi semplicemente perché monsignor Crepaldi dice la verità intorno alla sessualità umana. Più o meno tutti sanno che queste sono le prime avvisaglie delle persecuzioni che i cattolici subiranno se non accettano supinamente di omologarsi al “pensiero gaio”. Dunque fa un certo effetto scoprire che un giornale formalmente cattolico come Famiglia Cristiana, per altro dietro compenso economico, metta in pagina una pubblicità che riassume proprio la “visione del mondo” dell’ideologia omosessualista. Un’ideologia che per altro ha ben poco a che fare con le persone in carne e ossa che vivono questa condizione. Un’ideologia che persegue un obiettivo di tipo culturale e giuridico: eliminare le categorie uomo-donna e rimpiazzarle con un soggetto senza identità definita che trae la sua sessualità non dalla sua natura e dalla sua corporeità “data”, ma dalla sua volontà arbitraria. Qui non c’entra nulla il rispetto dovuto a ogni essere umano. Qui c’è in gioco la ragione: perché bisogna insultare la ragione per far credere che essere lesbica sia la stessa cosa che avere i capelli rossi o essere alto. Prima ancora che addentrarsi sul terreno accidentato del giudizio morale, qui si tratta di un banalissimo riconoscimento di un fatto antropologico: chiunque sa che i comportamenti o anche solo le tendenze che afferiscono alla sfera sessuale hanno un impatto sulla persona ben diverso dal colore dei capelli. Ma se poi dal piano naturale ci spostiamo a quello soprannaturale, e ci lasciamo illuminare dalla Rivelazione e dalla dottrina cattolica, beh, allora l’infortunio di Famiglia Cristiana assume proporzioni imbarazzanti. Che cosa penserebbe don Giacomo Alberione, fondatore della Società di San Paolo, imbattendosi in quella pubblicità dentro a una rivista del suo ordine religioso? Stiamo parlando di quel Beato Alberione che nel 1941, a proposito della “formazione dei nostri aspiranti alla vita religioso-sacerdotale” scriveva che “nei casi anormali di complicità con giovani, ragazzo o compagni, sarebbe follia tentare ancora una prova… anche perché i peccati contro natura, gridano vendetta presso Dio e privano di molte grazie”. Davvero singolare: la rivista dei paolini che pubblica una pubblicità che comporterebbe la condanna come “omofobo” del loro stesso fondatore. Il quale – da vero cattolico – insegnava che si deve “combattere l’errore o il peccato, non l’errante o il peccatore”. Ma che non avrebbe mai trasformato un disordine morale in una normalità per decreto statale, tanto per compiacere il peccatore. Né avrebbe usato le riviste del suo ordine – quelle che una volta si chiamavano “buona stampa” – come “taxi a pagamento” per idee contrarie alla dottrina cattolica e alla verità sull’uomo. Senza dimenticare che don Alberione volle per la sua famiglia il nome dell’apostolo delle genti, quel Paolo di Tarso che nella prima lettera ai Corinti scrive questo terribile ammonimento: “Non illudetevi: né immorali, né idolatri, né adùlteri, né depravati, né sodomiti, né ladri, né avari, né ubriaconi, né calunniatori, né rapinatori erediteranno il regno di Dio.” Prima che nascesse il “politicamente corretto”, si parlava così. Insomma, quella pubblicità su Famiglia Cristiana è una brutta pagina di omologazione al pensiero unico dominante, è il simbolo dell’accettazione acritica di un messaggio che è sbagliato nei contenuti e nello stile, e – diciamocelo fuori dai denti – anche una brutta prova di cinismo verso il vasto pubblico dei propri lettori. Verso tutte quelle mamme di Pierino che una famiglia cristiana continuano a pensarla con marito, moglie e figli. E che hanno vissuto benissimo per decenni senza discettare di lesbiche, gay e omofobia.


Mario Palmaro
Fonte: BastaBugie.it
COMUNICATO  In ricordo di Mario Palmaro
Continueremo la battaglia, come lui ci ha chiesto di fare

Il 9 marzo 2014 l’amico Mario Palmaro si è addormentato in attesa della risurrezione. Ci stringiamo in preghiera accanto alla moglie Anna Maria e ai figli: Giacomo, Giuseppe, Giovanna e Benedetto. Una delegazione degli “Amici del Timone” di Staggia Senese è stata presente al funerale a Monza.
Mario Palmaro ha fatto ben otto conferenze nel nostro centro culturale. Per questo e per l’amicizia che ci ha sempre dimostrato gli saremo eternamente grati.
Gli siamo grati anche per la telefonata che ha voluto fare a don Stefano dieci giorni prima di morire. Lo reputiamo un grande, ultimo, gesto di amicizia.

RIFLESSIONI DI MARIO PALMARO SULLA SUA MALATTIA
“La prima cosa che sconvolge della malattia è che essa si abbatte su di noi senza alcun preavviso e in un tempo che noi non decidiamo. Siamo alla mercé degli avvenimenti, e non possiamo che accettarli. La malattia grave obbliga a rendersi conto che siamo davvero mortali; anche se la morte è la cosa più certa del mondo, l’uomo moderno è portato a vivere come se non dovesse morire mai.
Con la malattia capisci per la prima volta che il tempo della vita quaggiù è un soffio, avverti tutta l’amarezza di non averne fatto quel capolavoro di santità che Dio aveva desiderato, provi una profonda nostalgia per il bene che avresti potuto fare e per il male che avresti potuto evitare. Guardi il Crocifisso e capisci che quello è il cuore della fede: senza il Sacrificio il cattolicesimo non esiste. Allora ringrazi Dio di averti fatto cattolico, un cattolico “piccolo piccolo”, un peccatore, ma che ha nella Chiesa una madre premurosa. Dunque, la malattia è un tempo di grazia, ma spesso i vizi e le miserie che ci hanno accompagnato durante la vita rimangono, o addirittura si acuiscono. È come se l’agonia fosse già iniziata, e si combattesse il destino della mia anima, perché nessuno è sicuro della propria salvezza.
D’altra parte, la malattia mi ha fatto anche scoprire una quantità impressionante di persone che mi vogliono bene e che pregano per me, di famiglie che la sera recitano il rosario con i bambini per la mia guarigione, e non ho parole per descrivere la bellezza di questa esperienza, che è un anticipo dell’amore di Dio nell’eternità. Il dolore più grande che provo è l’idea di dover lasciare questo mondo che mi piace così tanto, che è così bello anche se così tragico; dover lasciare tanti amici, i parenti; ma soprattutto di dover lasciare mia moglie e i miei figli che sono ancora in tenera età.
Alle volte mi immagino la mia casa, il mio studio vuoto, e la vita che in essa continua anche se io non ci sono più. È una scena che fa male, ma estremamente realistica: mi fa capire che sono, e sono stato, un servo inutile, e che tutti i libri che ho scritto, le conferenze, gli articoli, non sono che paglia. Ma spero nella misericordia del Signore, e nel fatto che altri raccoglieranno parte delle mie aspirazioni e delle mie battaglie, per continuare l’antico duello”.
Mario Palmaro
27 ottobre 2013

NOI CONTINUEREMO LA BATTAGLIA
Sì, caro Mario, noi raccogliamo le tue aspirazioni e continueremo le tue battaglie in modo da poter dire con San Paolo: “Ho combattuto la buona battaglia, ho conservato la fede” (2 Tm 4,7).

Tutte le conferenze di
LA SENTENZA BENEDETTA  (Tommaso Scandroglio)

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PEDOFILIA (Don Di Noto e Scandroglio)

Sebbene sia incredibile, oggi non tutti ritengono che la pedofilia sia un crimine

RIASSUNTO  La lotta alla pedofilia

IL SACERDOTE CHE DA 30 ANNI COMBATTE LA PEDOFILIA IN INTERNET

Don Fortunato Di Noto, parroco e presidente dell’Associazione Meter, ha ricevuto il premio Viva Maria al Giorno del Timone della Toscana

Anche quest’anno il Giorno del Timone della Toscana che si è svolto a Staggia Senese ha affrontato temi di estremo interesse. Dopo la conferenza di Federico Catani sulla storicità della traslazione angelica della Santa Casa di Maria da Nazareth a Loreto, c’è stata l’attesa testimonianza di Don Fortunato Di Noto conosciuto a livello internazionale per la lotta e il contrasto alla pedofilia ed alle organizzazioni pedocriminali; rappresenta un baluardo della difesa dei diritti dell’infanzia ed un punto di riferimento per tutte le famiglie che si trovano a vivere il dramma dell’abuso.
Ha introdotto l’intervento di Don Fortunato, il professore Tommaso Scandroglio, che è stato docente di Etica e Bioetica presso l’Università Europea di Roma, ha scritto diversi libri sulla legge naturale, sulla morale e sulla bioetica. Collabora con alcune testate scientifiche ed anche alcune più divulgative, tra cui il Timone e La Bussola Quotidiana. Il professore ha iniziato la relazione fornendo alcuni dati relativi alla pedofilia. Solo in Europa sono 20 milioni i bambini abusati.
I passi attraverso i quali alcune lobby stanno spingendo la società alla liberalizzazione della pedofilia sono:
1) la ricerca di una libertà assoluta, affermando che la natura non è vincolata da leggi;
2) la volontà di non avere limiti e per questo di togliere tutti i tabù, anche contro la volontà delle persone;
3) la lotta per abbattere ogni divisione fra classi sociali, razze e sessi nata nel ’68, per una società liquida in cui queste categorie possano venire continuamente cambiate e mescolate (in quegli stessi anni salta anche il principio d’autorità per cui il padre scende allo stesso livello del figlio);
4) il buonismo, secondo il quale non ci sono obblighi ma solo diritti; non esistono comandi, quindi neppure colpe.
Don Fortunato Di Noto, sacerdote siciliano, da 30 anni con l’associazione “Meter” ha agito per smascherare e denunciare alle autorità il traffico pedopornografico, insieme all’avvocato Maria Suma, fondatrice di tale associazione, e ad altri giovani che con loro hanno dato il inizio a tale esperienza e che si sono via via uniti.
Don Di Noto ha raccontato che il suo impegno in questo campo non è nato perché un giorno si sia alzato e abbia deciso di fare l’antipedofilo. La sua è stata una vera e propria chiamata, dopo essere andato da adolescente negli orfanotrofi, aver visto bambini che erano stati maltrattati dai genitori e aver capito in seguito che oggi molti bambini sono orfani pur avendo i genitori vivi. La frase dell’Esodo che lo ha ispirato è “Dio vide la sofferenza del suo popolo e se ne prese cura”. Così quando alla fine degli anni ’80, inizio anni ’90 don Fortunato iniziando a navigare in internet si imbatté in immagini pedopornografiche comprese che Dio aveva un progetto su di lui. Queste immagini alimentano il traffico criminale e il giro dei soldi che c’è dietro. Don Di Noto ha spiegato come, sebbene sia incredibile, non tutti ritengono che la pedofilia sia un crimine. Per questo è giusto sensibilizzare e far conoscere a fondo questa piaga ma soprattutto investire ricchezza per abbatterla, finanziando associazioni come Meter. Ci vuole una lobby positiva per contrastare la lobby che alimenta e si nutre di questo traffico di esseri umani.
Con un certo orgoglio, don Di Noto ha ricordato come la prima legge votata all’unanimità dal Parlamento italiano dove viene dichiarata la pedofilia come nuova schiavitù, porta proprio il suo nome, perché fu lui a portarla all’attenzioni del mondo politico. Il sacerdote ha chiarito di essere consapevole che non riuscirà ovviamente a fermare tutti i pedofili e a salvare tutti i bambini, ma intende almeno dare una speranza e suscitare la forza di un popolo che si levi con buon senso contro i pochi che detengono il potere. Alla fine della sua testimonianza, dopo un lungo applauso, Don Fortunato Di Noto ha ricevuto il premio “Viva Maria” perché anche lui, come i toscani che insorsero contro l’invasore Napoleone, combatte per difendere i più deboli, contro l’ideologia dilagante che impone una sessualità fluida e senza limiti.

 

VIDEO CON LA TESTIMONIANZA DI DON DI NOTO ALLA TRASMISSIONE “LE IENE”

Un racconto terribile oltre ogni immaginazione

Tutte le conferenze di

ARTICOLI SULLA PEDOFILIA

Per approfondire: http://www.bastabugie.it/it/filtra_argomenti.php?id=19

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ALFIE EVANS (Benedetta Frigerio)

Se apparteniamo all’uomo siamo schiavi del potere e soggetti a selezione secondo l’efficienza, se invece apparteniamo a Dio abbiamo tutti un’enorme dignità

RIASSUNTO  L'avventura di Alfie

LA TESTIMONIANZA DI CHI HA VISSUTO LA VICENDA DI ALFIE ACCANTO AI SUOI GENITORI

La vita appartiene solo a Dio, non è dei giudici, né dei medici (e neppure dei genitori!)

 

Molto commovente il racconto di Benedetta Frigerio, la giornalista del sito La Nuova Bussola Quotidiana, che ha seguito in prima persona il caso di Alfie Evans stando fisicamente accanto ai suoi genitori.
Alfie, ricoverato nel 2016 all’Alder Hey Hospital per una bronchiolite cui erano seguiti episodi convulsivi, era poi stato intubato. Dopo che la famiglia si era opposta alla volontà dell’ospedale di rimuovere la ventilazione e procedere alla tracheostomia era stata trascinata in tribunale, dove i giudici, nel febbraio del 2018 avevano pronunciato per Alfie la sentenza di morte. Il fatto che la malattia di Alfie fosse probabilmente incurabile (anche se nessuna diagnosi era ancora stata fatta) e lo costringesse in un letto attaccato ad un macchinario per respirare e nutrirsi, rendeva la sua vita, per l’Alder Hey non degna di essere vissuta.
La dignità che pensiamo abbia la vita, ha spiegato la Frigerio, dipende dal senso che diamo al dolore e alla vita stessa. Ed è proprio questo che secondo lei ci ha insegnato tutta questa vicenda. Il martirio di questo piccolo guerriero ha scosso coscienze, convertito cuori e fatto sì che tante persone abbiano fatto scelte di apertura alla vita.
Con le Dat (disposizioni anticipate di trattamento), ci siamo incamminati su una strada per cui chiunque decidesse di accompagnare un familiare alla morte naturale sarebbe visto negativamente, uno che si vuole accanire. Il termine stesso “accanimento terapeutico”, ha continuato la Frigerio, ha in sé qualcosa di diabolico, perché trasforma una pratica sacrosanta (dare ossigeno e cibo) in una pratica cattiva, giustificando in questo modo l’uccisione di un essere umano.
Durante i mesi trascorsi all’ Alder Hey, la Frigerio afferma di aver assistito alla lotta tra bene e male. Il Sistema Sanitario inglese è fortemente statalizzato e ogni decisione spetta ai medici e ai giudici. Persino il diritto di avere la propria cartella clinica viene negato, se non con lunghi procedimenti.
Per lei tutto è cominciato con una telefonata: Thomas Evans, papà di Alfie, consigliato da un’amica che leggeva gli articoli riguardanti Alfie su La Bussola, l’ha contattata per chiederle di aiutarlo ad ottenere per suo figlio asilo politico in Italia. La giornalista ha raccontato come, dopo la decisione presa con tutta la redazione di aiutare Alfie, tutto sia stato una rocambolesca avventura aiutata e sostenuta continuamente dalla Provvidenza. Alcuni episodi testimoniano l’aiuto ricevuto. Ad esempio una volta la Frigerio dovette partire da un momento all’altro per Liverpool perché la situazione stava precipitando dopo che Thomas e Kate avevano tentato un blitz per trasportare fuori dall’Alder Hey il piccolo, per tentare in un altro ospedale disponibile la tracheostomia e gli esami al genoma per cercare una diagnosi. Prenotò il biglietto nel cuore della notte, convinta di averlo fatto per il giorno dopo che era venerdì. Solo il giorno dopo recandosi al check-in si accorse che il biglietto era per il venerdì della settimana successiva, visto che i biglietti on-line possono essere prenotati minimo tre giorni prima della data utile. Se si fosse accorta subito della data non si sarebbe recata neppure in aeroporto; invece così facendo potette acquistare un biglietto maggiorato per quel volo dove c’era qualche posto libero.
Anche per ottenere l’appuntamento con Papa Francesco la Provvidenza ha agito. Dopo il blitz fallito per portare via di nascosto suo figlio, Thomas, il babbo di Alfie, chiese alla Frigerio di cercare di ottenere un appuntamento con il Papa il prima possibile. Pur ritenendolo impossibile, ella scrisse alle tre di notte una e-mail a Monsignor Cavina, il quale trovandosi per l’appunto a Roma in quei giorni e volendo aiutare la famiglia, riuscì ad ottenere per loro un appuntamento. Per vari motivi sembrava impossibile riuscire ad essere presenti in udienza il giorno dopo tanto che l’appuntamento venne annullato dalla stessa Frigerio. Poi però tentò di ottenerlo di nuovo e alla fine, nonostante tutto, la mattina seguente alle 8,15 La Frigerio e i genitori di Alfie erano a parlare con il Papa. Egli parlò all’udienza generale del mercoledì che seguiva al loro incontro ripetendo ciò che gli aveva detto Thomas nell’udienza privata: “La vita appartiene solo a Dio, non è dei giudici, né dei medici e neppure dei genitori; Alfie lotta, è un figlio di Dio e nessuno può togliergli i suoi diritti.”
Riesce difficile comprendere fino in fondo l’accanimento dell’Alder Hey e dei giudici inglesi per uccidere Alfie, ma Benedetta Frigerio lo ha spiegato dicendo che se apparteniamo all’uomo siamo schiavi del potere e soggetti a selezione secondo le categorie umane dell’efficienza; se invece apparteniamo a Dio abbiamo tutti un’enorme dignità, qualunque sia la nostra condizione di debolezza, perché il potere di decidere per la nostra morte è solo di Colui che ci ha dato la vita.

LA SENTENZA BENEDETTA  (Tommaso Scandroglio)

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RIASSUNTO  Fecondazione artificiale

I GIUSTI LIMITI DELLA SCIENZA E DELLA MEDICINA

Embrioni congelati, introduzione dell’eterologa, utero in affitto, ecc.


Nella conferenza del 21 novembre 2014, a cui sono accorse un centinaio di persone, si è affrontato un tema assai dibattuto ed estremamente attuale: la fecondazione artificiale.
All’inizio è stato ricordato il Catechismo della Chiesa Cattolica ai numeri 2376-2378 nei quali si dichiara “moralmente inaccettabile” la fecondazione artificiale sia nella forma omologa (praticata in seno alla coppia) che in quella eterologa (nella quale interviene un soggetto terzo rispetto alla coppia con dono di sperma o di ovocita o prestito dell’utero).
Sia la fecondazione artificiale omologa che eterologa, prosegue il Catechismo, “dissociano l’atto sessuale dall’atto procreatore. L’atto che fonda l’esistenza del figlio non è più un atto con il quale due persone si donano l’una all’altra, bensì un atto che affida la vita e l’identità dell’embrione al potere dei medici e dei biologi e instaura un dominio della tecnica sull’origine e sul destino della persona umana. (…) Il figlio non è qualcosa di dovuto, ma un dono. Il dono più grande del matrimonio: è una persona umana. Il figlio non può essere considerato come oggetto di proprietà: a ciò condurrebbe il riconoscimento di un preteso diritto al figlio. In questo campo, soltanto il figlio ha veri diritti: quello di essere il frutto dell’atto specifico dell’amore coniugale dei suoi genitori e anche il diritto a essere rispettato come persona dal momento del suo concepimento.”
Anche Papa Francesco ha condannato aborto, eutanasia e fecondazione artificiale. All’Associazione Medici Cattolici Italiani, ricevuta la settimana scorsa in Aula Paolo VI, ha detto: “Il pensiero dominante propone a volte una falsa compassione: quella che ritiene sia un aiuto alla donna favorire l’aborto, un atto di dignità procurare l’eutanasia, una conquista scientifica produrre un figlio considerato come un diritto invece di accoglierlo come dono”. Paolo Delprato, presidente di Scienza & Vita, ha commentato queste parole del Papa dicendo che queste riflessioni non sono filosofiche e religiose, ma accessibili alla retta ragione che utilizza la scienza in maniera rispettosa della dignità di ogni uomo, anche se piccolissimo o anziano.
A questo punto è iniziato l’intervento di Tommaso Scandroglio, docente di etica e bioetica all’Università Europea di Roma, membro dei Giuristi per la Vita, giornalista per l’inserto di bioetica “È Vita” di Avvenire.
Scandroglio ha esordito ricordando la recente abrogazione del divieto di fecondazione eterologa, presente nella legge 40, da parte della Corte Costituzionale, contraddicendo la volontà popolare che aveva invece confermato questo divieto con il referendum del 2005.
La Consulta, non considerando i diritti del bambino, ha ritenuto prevalente il diritto dei genitori di avere il figlio. Infatti, secondo la Corte, il primo buon motivo per permettere l’eterologa è l’autodeterminazione dei genitori, un diritto secondo lei assoluto, per raggiungere il quale lo Stato dovrebbe fornire tutti gli strumenti necessari. Tale diritto viene inteso secondo la definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, che definisce la salute come un perfetto benessere psico-fisico della persona. Ma viene da chiederci, ha incalzato Scandroglio: in quanti momenti della vita non raggiungiamo questo fantomatico e irraggiungibile perfetto benessere psicofisico? Eppure non ci sono leggi ad hoc per tutti questi momenti.
Una seconda ragione per consentire l’eterologa è quella secondo cui il divieto sarebbe discriminatorio; infatti, poiché le persone più abbienti avrebbero comunque potuto praticare l’eterologa all’estero, allora tanto vale, spiega la Corte, renderla lecita anche in Italia. Sarebbe come dire che, siccome all’estero è legale la marjuana, sarebbe meglio legalizzarla anche in Italia. Ma il legislatore non dovrebbe mai tener conto della diffusione di un comportamento per decidere se legalizzarlo, solo del giudizio di valore. Anche gli omicidi sono molto diffusi, ma non per questo vengono depenalizzati.
Nella seconda parte della sua esposizione, Scandroglio ha poi continuato illustrando i problemi di tipo bioetico che riguardano entrambi i tipi di fecondazione artificiale. Pur essendo decisamente peggiore la fecondazione eterologa, anche quella omologa infatti reca in sé molti problemi di tipo morale. Entrambe, infatti, cancellano l’atto sessuale, atto d’amore fra gli sposi dal quale si forma una nuova vita. Tale atto d’amore viene sostituito dai medici che creano la vita in provetta. Così il concepimento non avviene più all’interno del corpo della mamma ma in un laboratorio. Ciò svilisce altamente la dignità che ognuno di noi ha in quanto persona e la preziosità della vita. Sarebbe come appendere un quadro di Van Gogh in una stalla: la sua preziosità intrinseca resta, ma il luogo non è degno di tale preziosità; allo stesso modo, un bambino concepito in provetta, possiede questa altissima dignità in quanto persona, ma il luogo del concepimento non è degno di questo suo valore.
Entrambe, inoltre, presentano una mortalità molto elevata degli embrioni impiantati: su 100 coppie che praticano la fecondazione, meno del 15% riesce a stringere un bimbo in braccio. Nessun farmaco sarebbe commercializzato con questa scarsa probabilità di successo. Nel 2012, sono stati prodotti in laboratorio 114.000 embrioni. Di questi, solo 12.100 hanno visto la luce. 98.000 sono morti e 19.000 sono crioconservati in azoto liquido a -196°. Una volta scongelati, solo 1 su 14 sopravvive. I genitori e i tecnici, per giustificarsi, potrebbero obiettare che non vogliono la morte di tutti questi embrioni, ma ciò accade indirettamente. Non è una buona giustificazione, perché le loro azioni presentano un dolo eventuale, esattamente come chi va a 100 chilometri all’ora in un centro abitato e investe una persona: egli sa che quasi certamente ucciderà qualcuno, ma ciononostante accetta il rischio.
Infine, nei bambini concepiti in provetta l’incidenza delle malattie genetiche è maggiore, venendo a mancare quella selezione naturale attraverso cui, nel rapporto sessuale, fra 300 milioni di spermatozoi solo uno, il migliore, feconda l’ovulo. Il tecnico di laboratorio, invece, sceglie uno spermatozoo all’interno di un campione molto più piccolo e senza la selezione che avviene nel corpo della donna e lo impianta in un ovocita anch’esso di scarsa qualità, perché la stimolazione ovarica, cui viene sottoposta la donna, le fa produrre sì molti ovociti, ma non ottimi come accadrebbe rispettando i ritmi della natura.
Oltre a questi problemi che sono comuni sia alla fecondazione artificiale omologa che eterologa, per quest’ultima si hanno anche ulteriori problemi.
La mercificazione della vita umana, innanzitutto, è fortemente incentivata. Negli USA, molte studentesse vendono i propri ovociti per mantenersi gli studi, Da notare che i donatori (in realtà sono venditori) di sperma guadagnano alcune centinaia di dollari, una ragazza che dona (in realtà vende) ovociti ne guadagna alcune migliaia.
Inoltre si crea il problema dell’incesto, cioè di unione tra fratelli inconsapevoli di essere tali. Infatti è ovvio che molto verosimilmente il donatore e poi le persone che accederanno alla fecondazione, lo faranno entrambe nel luogo di residenza o comunque in quello più vicino. Sempre negli USA è già stato riscontrato tale problema, in quanto è stato registrato che alcuni donatori maschi avevano figli sparsi in un raggio d’azione molto breve. Se si pensa poi, che un uomo può donare il proprio sperma fino a 10 volte, che possono diventare 20, se tutte le famiglie richiedenti desiderassero dare a proprio figlio anche un fratellino proveniente dallo stesso donatore, tale rischio diventa una realtà ancora più vicina.
In ultima analisi, ha concluso il relatore, l’eterologa crea dei nuovi orfani, rendendosi responsabile proprio di quei danni che invece la pratica dell’adozione tenta di riparare. Infatti, l’adozione, spesso paragonata alla fecondazione eterologa, per il fatto che anche i bimbi adottati non conoscono i propri genitori biologici, è un atto di carità, perché cerca di aiutare bimbi che sono orfani per cause di forza maggiore di cui i genitori adottanti non sono responsabili. Essi, anzi, si prestano a supplire ad una mancanza preesistente. La pratica dell’eterologa invece, non solo calpesta il diritto del bambino di sapere da dove proviene, ma lo espone a problemi di tipo psicologico, perché una volta cresciuto potrebbe rinfacciare alla mamma e al papà non biologici di averlo volutamente strappato dai genitori biologici e di aver giocato con lui alla roulette russa, essendo scampato per fortuna alla selezione del tecnico. Senza dimenticare che molti suoi fratelli sono morti a causa della tecnica usata.
In conclusione questa conferenza ha fatto capire bene che con la fecondazione artificiale i rischi sono veramente grandi e disumanizzanti.

Tutte le conferenze di
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DAT = EUTANASIA (Tommaso Scandroglio)

RIASSUNTO  DAT, la legge sull'eutanasia

DIRITTO A MORIRE & DOVERE DI UCCIDERE

La nuova legge sul testamento biologico obbliga medici e infermieri a praticare l’eutanasia cioè, in pratica, a uccidere un innocente!

 

La interessantissima 88° conferenza organizzata dal “Centro Culturale Amici del Timone” di Staggia Senese si è svolta il 23 febbraio con ospite Tommaso Scandroglio, ex docente di etica e bioetica all’Università Europea di Roma. Tema della serata sono state le DAT (Disposizioni anticipate di trattamento) e l’eutanasia.
Scandroglio ha spiegato i vari modi di praticarla e soprattutto la differenza tra eutanasia e accanimento terapeutico. L’eutanasia può essere praticata attraverso un’azione oppure un’omissione che conduce la persona alla morte. E’ eutanasia attiva praticare una puntura letale, aiutare una persona che non può farlo da sola ad assumere un preparato letale, staccare il respiratore, togliere alimentazione e idratazione. Si parla invece di eutanasia passiva, o meglio omissiva, nel caso in cui si neghino le cure o i mezzi per il sostentamento. In ogni caso entrambe conducono alla stessa cosa: l’uccisione dell’innocente.
Scandroglio ha poi spiegato che cosa si intende per accanimento terapeutico, dato che nella legge appena approvata sulle DAT (Dichiarazioni Anticipate di Trattamento) si legalizza l’interruzione di alimentazione e idratazione ai malati proprio lasciando intendere che questi trattamenti lo siano. Niente di più falso. Alimentare e idratare chi non ce la fa a mangiare e bere in altro modo, oppure aiutare a respirare attraverso un macchinario, sono tutte terapie salvavita. E queste non sono mai accanimento terapeutico.
Neanche nel caso in cui una persona rifiuti le terapie oppure queste lo aiutino a stare meglio ma non lo fanno guarire, si può parlare di accanimento terapeutico. Questo, ha continuato con la sua chiara esposizione Scandroglio, si ha soltanto quando le terapie sono inutili. Ad esempio se gli effetti negativi superano quelli positivi o nel caso in cui la condizione specifica del paziente renda vane o pericolose le terapie, come nel caso di una persona molto anziana.
Con la legge sulle DAT, approvata il 31 gennaio in Parlamento, chiunque potrà dare il suo consenso a morire o nel caso di incapacità a farlo qualcun altro potrà decidere per lui oppure chiunque vorrà potrà scrivere nero su bianco la sua volontà di non ricevere le cure, oppure di non essere aiutato a vivere in futuro. Per la verità il testo di legge è così generico che non sono citate le motivazioni e le condizioni in cui una persona può chiedere che gli venga praticata l’eutanasia. Non solo i pazienti terminali, ma anche quelli che possono guarire, i disabili, i sani, gli anziani possono accedere all’eutanasia. Potrebbe anche succedere che una persona in un forte stato di depressione la richieda. Come si vede l’Italia ha superato in un solo balzo nella cultura della morte le altre nazioni che hanno leggi eutanasiche.

ULTERIORI PROBLEMI
Ma sono anche altre le problematiche insite in questa legge. Il fatto di decidere ora per allora, che non tiene conto del fatto che una decisione presa in uno stato di salute può notevolmente cambiare se presa durante la malattia. L’impossibilità di tornare indietro e cambiare idea, se la persona che aveva scritto precedentemente le DAT si trova attualmente in uno stato di incoscienza. Per risolvere questo problema in alcuni paesi hanno tentato di far scrivere le DAT appena una malattia inizia. Ma questo non tiene conto dello stato psicologico di angoscia di una persona che scopre di essere malata che non la farebbe decidere lucidamente e poi nessuno è in grado di stabilire se potranno esserci delle terapie più risolutive in futuro. Inoltre questa decisione non viene supportata dalle necessarie informazioni mediche e senza l’apporto di un medico i termini usati per esprimersi saranno sicuramente vaghi, dato che non tutti padroneggiano i termini tecnici, quindi ci sarà un problema di interpretazione. Per giunta questa legge viene applicata anche ai minori e agli incapaci, per i quali decideranno i genitori o i tutori.
Un ulteriore grave problema della legge sull’eutanasia è che non è prevista per i medici e gli infermieri alcun tipo di obiezione di coscienza. Anzi, nel testo c’è scritto chiaramente che il medico che riceve un paziente che abbia redatto le DAT oppure che lo richieda nell’immediato, è obbligato ad eseguire la sua volontà. Con tanti saluti al Giuramento d’Ippocrate (420 a.C.) con il quale il medico prometteva di ricercare sempre la tutela della vita sopra ogni cosa: “Non somministrerò ad alcuno, neppure se richiesto, alcun farmaco mortale, né suggerirò un tale consiglio”.
Da sottolineare, come già accennato, che una legge così permissiva e poco normata non c’è nemmeno in Canada, Paesi Bassi e Belgio, i paesi in cui da più tempo l’eutanasia è depenalizzata. Le uniche due cose esplicitamente vietate nella legge in Italia sono l’iniezione letale e il suicidio assistito perché sono considerate da tutti, nell’immaginario collettivo, molto simili all’omicidio.
Va notato poi che nella legge c’è un’omissione. La ventilazione, cioè l’aiuto a respirare dato attraverso un macchinario, non viene citata dalla norma. Ciò significa che questa pratica potrà essere effettuata oppure no in base alla valutazione del singolo. Del resto ce n’è stato già un esempio: ad una signora di Nuoro è stato staccato il respiratore e non si è sollevata alcuna contestazione.

DRAMMA ETICO
Purtroppo si rimane sconvolti da come ci sia chi possa considerare un bene, una vera e propria terapia, far morire di sete e di fame una persona. Rimane anche la preoccupazione per una legge tutta basata sull’individualismo e sul nichilismo che apre le porte ad una libertà sfrenata del singolo. Una volta che l’eutanasia è depenalizzata, una volta che sia passato il messaggio che in alcuni casi è giusto “liberare” una persona facendola morire, chi controllerà se la legge viene applicata con i dovuti divieti? E poi la mentalità stessa delle persone verrà plasmata in modo che alle generazioni future sembrerà del tutto normale la decisione di morire. Del resto abbiamo già visto con l’aborto come questo, dopo l’introduzione della legge, sia diventato una cosa del tutto normale nella mentalità comune.
Lo spartiacque, ha commentato Scandroglio, che determina la differenza fra chi è favorevole e chi contrario all’eutanasia, è dato dalla diversa visione antropologica, cioè da come si considera la persona umana. Se l’uomo è solo corpo, quando il corpo si guasta diminuisce la sua qualità e quindi si può, anzi sarebbe meglio, buttarlo. Proprio come si fa con un oggetto. Eppure persino negli oggetti noi riconosciamo un valore intrinseco. Una spilla non varrà mai quanto una Ferrari, e questo valore resta persino di fronte al danneggiamento dell’oggetto. Ed esiste anche un principio di proporzione per cui ci si comporta in modo proporzionato all’oggetto che si ha di fronte; sarà più grave distruggere la Ferrari che la spilla. Tanto più questo valore intrinseco ce l’ha la persona vivente ed è rappresentato dalla sua dignità.
In base al solo criterio fisico non siamo tutti uguali e tutti efficienti allo stesso modo e quindi non abbiamo neppure la stessa dignità. Ma se crediamo che ciascuno di noi ha un’anima razionale che risiede in ambito metafisico (concetto filosofico utilizzato per la prima volta da Aristotele, filosofo pre-cristiano) crediamo anche che l’anima, essendo immateriale non sia corruttibile e, quindi, non può mai cambiare di qualità. Ecco che allora la persona riacquista la dignità, qualunque sia la sua condizione fisica. Questo pensiero che il cristianesimo ha portato avanti con vigore ha informato di umanità tutte le culture con cui esso è entrato in relazione, in primis la civiltà occidentale. Spiace vedere come, abbandonando il cristianesimo, l’umanità torni allo stato di barbarie preesistente.
Infine bisogna ricordarci ciò che in realtà è il principio fondamentale di tutto questo discorso: la vita è un bene indisponibile; nessuno se l’è data da sé e quindi non può disporne a proprio piacimento. Questa legge non è che la degna conclusione di una stagione legislativa nefasta, in cui si è legiferato contro tutti i principi etici e morali, che stavano alla base della nostra civiltà e a favore di tutti quelli che vengono chiamati i “nuovi diritti”: diritto di scegliere il proprio sesso, diritto di sposarsi con una persona del proprio stesso sesso, diritto di avere un figlio, diritto di scegliere la morte.
“Diritti” basati soltanto su scelte soggettive, sul come mi sento oggi, che non tengono conto affatto delle realtà oggettive ma assecondano ogni sfrenato desiderio.

VIDEO  Crepa, piano piano

La stragegia della cultura della morte è fatta di piccoli passi ben sapendo che con una piccola crepa, piano piano la diga viene distrutta

TESTO DEL VIDEO “CREPA (PIANO PIANO)”

Stiamo arrivando. Piano piano. Non ve ne accorgete? No, certo che no. Perché noi facciamo piano. Un passetto per volta. Un pezzettino per volta. Vi cambiamo. Cambiamo voi. Cambiamo te. Delicatamente. Profondamente. Cambiamo il modo con cui guardi agli altri. Cambiamo il modo con cui consideri quelli che ami. In maniera che non li ami più così. In maniera che non li ami più. Che li ami in modo diverso. Più rispettoso, diciamo. Allontanandoti. Lasciandoli andare. Tagliando i legami. Facendoti pensare che il loro bene sia non volere loro bene. Che sia il non volere il loro bene. In piccole cose. E poi nelle grandi cose. Ma non subito. Per gradi. Passando dall’amore al rispetto. Dal rispetto all’indifferenza. Dall’indifferenza a quello che c’è dopo, e dopo c’è tanto. Noi lo sappiamo. Ieri non potevate ammetterlo. Poi sono arrivati i casi speciali. I casi pietosi. Quasi mai veri. Mai veri del tutto. Ma erano un passo. Un piccolo passo. Per abituarvi. Piano piano. Per cambiarvi. Piano piano. La seconda volta che accade è già visto. La terza è noioso. La quarta si spinge più in là. Verso di noi. Piano piano. Dal caso pietoso a quello normale. Non ci si può tirare indietro. Non ci si può più tirare indietro. Chi si tira indietro sarà denunciato. Non è pietoso. Non ha pietà. La sua pietà vera sarà derisa. Sarà derisa perché vera. Sarà impedita perché vera. Sarà vietata perché vera. Quella falsa avrà vinto. Noi avremo vinto. Piano piano. Ti permetteremo di morire di sete. Ti faremo morire di sete. Per non morire di vita. Ma la sete è crudele. Saremo pietosi. Ti uccideremo con una pastiglia. Con una iniezione. Per pietà. La nostra pietà. Ti addormenteremo. Ti sederemo. Per non fartene accorgere. Non te ne accorgerai. Non te ne stai accorgendo. Ti abbiamo sedato. Ti abbiamo addormentato. Basta una volta. Mille no. Ma basta un sì. Ci sarà il cedimento. Ci sarà il crollo. Siamo abili. Piano piano, a strisciare. Nelle crepe. Allargarle. Piano piano. Finché non ci sarete più. Ci saremo solo più noi. E verremo da voi. Forti. Senza più bisogno di andare piano. Avremo vinto. Vi guarderete intorno. Non ci sarà più nessuno. Solo noi. A dire che non avete più libertà. Che adesso siamo noi a comandare. E che dovete sparire. Obiezioni? No, non le accettiamo ormai. Dovevate parlare prima. L’avete fatto? Peccato, non vi abbiamo sentiti. Avete parlato troppo piano.

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