RIASSUNTO The gay after
COSA ACCADREBBE IN CASO DI LEGALIZZAZIONE DEL ”MATRIMONIO” OMOSESSUALE
Il conduttore della trasmissione di Radio Maria ”Incontri con la Bioetica” ha affrontato il problema dal punto di vista filosofico, morale e giuridico Che impatto avrebbe la legalizzazione del matrimonio omosessuale sulla società e sulla visione del concetto di famiglia? Questa la domanda da cui ha preso origine la conferenza del Professor Mario Palmaro tenutasi a Staggia il 22 febbraio 2013.
Il conduttore della trasmissione di Radio Maria “Incontri con la Bioetica” ha definito la serata come un appuntamento con la nostra ragione, perché discutere di matrimonio e del perché esso debba necessariamente avvenire tra un uomo e una donna, è prima di tutto un’operazione che implica il ragionamento e l’intelligenza. Ed è un tema che riguarda la morale, ma anche l’ambito giuridico e politico.
Prima di arrivare a capire le conseguenze che si avrebbero il giorno successivo alla votazione della legge per legalizzare il matrimonio omosessuale e che inserirebbe il reato di omofobia, il Professor Palmaro ha affrontato l’argomento dal punto di vista antropologico, per capire come si è potuti arrivare a mettere in discussione ciò che prima risultava essere evidente a tutti.
Innanzitutto si sta affermando una nuova idea di uomo: noi proveniamo da una tradizione filosofica secondo la quale l’essere umano insieme con la sua natura è definito dal suo scopo. Lo scopo per cui esistiamo caratterizza l’uomo in modo oggettivo e definisce ciò che egli deve essere, cioè la propria natura, stabilendo anche ciò che è bene o male per lui. Anche a livello biologico esistono una serie di dati oggettivi che, mostrando come è fatto l’essere umano, portano alla luce ciò che è un bene per lui. Ad esempio, l’alimentazione che fa bene all’uomo non dipende dal proprio gusto soggettivo, ma dall’oggettività della propria natura corporea. Solo capendo che la natura umana è definita da uno scopo, un progetto in cui essa è inserita, l’uomo può capire ciò che è giusto per lui.
È in base a questi dati oggettivi che viene stabilita poi la morale e l’etica sessuale e matrimoniale. Nella società odierna, questa idea dell’uomo non è accettata, anzi è fortemente contestata. L’idea che viene contrapposta è quella secondo cui l’uomo è definito dalla propria volontà arbitraria. Secondo tale modo di pensare, l’uomo è ciò che vuole essere in quel momento. Così egli può decidere di essere qualcosa di diverso di volta in volta. Questa è la visione dell’ideologia del genere, una visione omosessualista che sta ormai dilagando nella società. Siccome l’uomo è ciò che vuole essere, non conta più assolutamente niente il dato oggettivo che mostra l’essere uomo e donna. Viene negata persino la differenza che esiste a livello biologico fra il maschile e il femminile, cosa che abbiamo ricevuto e che nessuno di noi ha scelto, per questo si dice che è un qualcosa di “dato”.
Tutto ciò che imprime nelle caratteristiche fisiche l’essere maschio o femmina, come i caratteri biologici e genetici, viene rifiutato, in nome di una rivendicazione di autonomia e di libertà di scelta. L’essere umano in realtà non è un essere asessuato, ma esiste solo come maschio o come femmina. Non sono solo i caratteri biologici e fisici a stabilire la mascolinità e la femminilità, ma tutta una serie di comportamenti, modi di essere e di pensare che da essi derivano e che sono necessari alla natura umana. L’appartenenza al mondo maschile o femminile ci caratterizza in tutto il nostro modo di essere. Ma la stragrande maggioranza dei mass media e anche gran parte della gente, sono arrivati a credere che il matrimonio possa avvenire anche fra due uomini o due donne, l’importante è che si vogliano bene.
Il fenomeno femminista, ha continuato Palmaro, ha giocato un ruolo fondamentale affinché si arrivasse a questa visione antropologica, perché uno dei capisaldi del femminismo è stata l’omologazione dei sessi. Secondo il pensiero femminista affinché uomo e donna abbiano la stessa dignità, vanno eliminati sia i ruoli maschile-femminile negando le diversità naturali. Tutte le diversità sarebbero solo frutto della cultura, cioè di come i maschi hanno organizzato la società. L’approccio del maschio sarebbe stato oppressivo e tale da creare queste diversità che in realtà non esistono. E le donne hanno sentito il bisogno di affermare questa uguaglianza compiendo esattamente tutte le cose che compie l’uomo, compresi gli errori, così da costruire a tavolino una uguaglianza che però naturalmente non c’è. Su questa idea di omologazione il pensiero omosessualista si è innestato con molta facilità. Oggi il pensiero femminista è in crisi, perché sempre più donne hanno riscoperto la ricchezza dell’avere un proprio modo di essere tipicamente femminile, diverso da quello maschile; ma i frutti velenosi del pensiero femminista sono ormai entrati in maniera così profonda nella società da portare all’ideologia del genere che afferma che non bisogna guardare il dato di natura che ci divide in due sessi, ma che esistono cinque “generi”, che possono venire scelti e ricombinati in base a come uno si sente di giorno in giorno. Tutto diventa relativo e il bene e il male non ci sono più.
Come spiegato all’inizio, è sufficiente la ragione per capire che esiste la legge naturale da cui deriva, ad esempio, la certezza che la sessualità non può prescindere dal dato biologico: si nasce maschi o femmine e la nostra felicità dipende dal conformarsi a questo dato di natura.
Ma anche se è sufficiente la retta ragione per capirlo, i credenti sono arricchiti dalla Rivelazione che non contraddice i ragionamenti fatti fino ad ora, bensì li rende ancora più comprensibili.
Il primo criterio di giudizio per un cattolico è quello di tendere alla perfezione di Dio; “Siate perfetti come è perfetto il Padre mio” dice Gesù nel Vangelo. Qualunque riflessione di tipo morale si muove in questo orizzonte molto esigente. Ovviamente è un tendere alla perfezione senza mai arrivare a tale alto ideale; ecco perché è indispensabile ricorrere ai sacramenti e alla preghiera.
La seconda considerazione da fare è che ogni giudizio morale viene formulato perché c’è in gioco la salvezza dell’anima e non perché ci sia un’avversione o un senso di sfida verso alcune categorie di persone.
La salvezza dell’anima è decisiva per una eternità di gioia, il Paradiso. È per questo che il magistero condanna l’omosessualità. La Sacra Scrittura ritiene una grave depravazione l’atto omosessuale e nel Catechismo della Chiesa Cattolica questi atti vengono definiti intrinsecamente disordinati. “Intrinsecamente” significa che sono male a prescindere dal significato soggettivo che ciascuno può attribuire loro. Ad esempio, uccidere una persona innocente è intrinsecamente un disordine morale, anche se si avessero le intenzioni più nobili. Sul giudizio della singola persona ovviamente si apre uno scenario ben più complicato in quanto, affinché ci sia un peccato occorre che chi lo compie sia pienamente consapevole che quello che fa è male e lo voglia compiere lo stesso.
L’atto omosessuale è un peccato che, secondo la definizione tradizionale, grida vendetta al cospetto di Dio perché ribalta la struttura naturale dell’essere umano e della sessualità che è collegata alla relazione fra uomo e donna in vista della procreazione. Sempre nel Catechismo della Chiesa Cattolica si legge che occorre il massimo rispetto e la massima compassione nei confronti di quelle persone che hanno tendenze omosessuali, le quali sono chiamate alla castità (come del resto tutte le persone non sposate). Dare questi giudizi viene visto come omofobia o razzismo, perché si è creato un clima terroristico da parte del pensiero dominante contro chi vuole ricordare questi giudizi morali.
Anche sul piano scientifico molti esperti (medici, biologi, psicologi, ecc.) che cercano di studiare il fenomeno dell’omosessualità, spesso lo liquidano dicendo: “Ma se uno è contento così …”
Questo modo di vedere le cose è irragionevole, perché si potrebbe applicare a molti altri comportamenti suscitando lo sdegno dell’opinione pubblica: ad esempio, se di un evasore fiscale oppure di un politico corrotto si affermasse che possono continuare in quel loro modo di essere perché sono contenti così, certamente, ha affermato ancora Palmaro, la gente non sarebbe d’accordo. Infatti, il piano morale non è risolvibile solo soggettivamente, ma ha una sua oggettività. Poi bisognerebbe anche capire se davvero uno sta bene così. Un conto è avere tendenze omosessuali, un conto è essere fautori dell’ideologia omosessualista. Molti politici portano avanti le istanze di tale ideologia pur non essendo omosessuali.
Dopo aver analizzato il piano antropologico, il punto di vista della Chiesa e quello della scienza, il Professor Palmaro ha illustrato il problema sul piano giuridico che nel confronto politico e agli occhi dell’opinione pubblica è quello più appariscente.
Ha senso promulgare delle leggi per affermare che il matrimonio è identificabile da una relazione fra due persone qualunque sia il loro sesso? La risposta è certamente no, infatti il matrimonio interessa lo Stato perché è il luogo dove un uomo e una donna, quando è loro fisicamente possibile, generano nuovi individui. Quindi lo Stato ha voluto questo istituto giuridico per la fisiologica potenziale apertura alla vita che scaturisce dall’unione di un uomo e una donna. Essi poi devono crescere i propri figli non solo sostenendoli materialmente ma anche educandoli da un punto di vista culturale, morale, civico ecc. Se lo Stato dovesse tutelare tutte le unioni in cui esiste qualcuno che si vuole bene, dovrebbe tutelare anche le amicizie. Infatti anche gli amici si vogliono bene, ma non c’è un istituto giuridico che regoli quelle relazioni attraverso diritti e doveri, perché non interessano allo Stato. Lo Stato è interessato a tutelare il matrimonio perché esso è l’impegno pubblico ad assumersi l’impegno per la costituzione di una nuova famiglia aperta alla procreazione ed educazione della prole. Questo è molto importante per il bene comune e il futuro del popolo. Ecco perché, oggettivamente, l’unione fra due persone dello stesso sesso non ha i requisiti per poter essere un matrimonio.
Inoltre bisogna considerare che esiste la libertà pratica di fare quel che si vuole; nessuno impedisce a nessuno di fare le scelte più stravaganti. Il fatto che una coppia omosessuale non si può sposare, non impedisce di fare nella vita privata ciò che vuole. Allora perché tanto accanimento per ricevere un riconoscimento giuridico? Perché, ha concluso Palmaro, attraverso un atto tecnico giuridico si vuole arrivare ad uno scopo simbolico: che culturalmente il comportamento omosessuale e il matrimonio come lo abbiamo sempre considerato arrivino ad essere considerati equivalenti.
Allora cosa succede il giorno dopo? Quali sono queste conseguenze così gravi?
Se venisse riconosciuto e legittimato giuridicamente il matrimonio omosessuale ci sarebbero delle conseguenze di tipo oggettivo:
1) Conseguenze di tipo educativo
Di fronte alla domanda “Qual è il matrimonio?” posta dai bambini, in uno Stato così, un adulto, come un genitore o una maestra sarebbe costretto ad equiparare i matrimoni fra due persone dello stesso sesso con quello fra due di sesso opposto, anche se non fosse d’accordo con questa visione delle cose. Ai bambini verrà insegnato, per legge, questo nuovo modello di famiglia che influenzerà pesantemente il loro modo di rapportarsi in futuro nelle relazioni affettive. Ancor più questo accadrà in caso di adozione, perché è certo che, se due vengono dichiarati sposi lo Stato non potrà più negare loro di diventare genitori, ovviamente con tecniche artificiali o attraverso l’adozione, visto che la natura non permette a due persone dello stesso sesso di procreare. Forse anche la natura verrà inquisita per omofobia?
2) Conseguenze per la libertà di pensiero
Quanto detto avrà pesanti ripercussioni sulla libertà di espressione, in quanto, chiunque dicesse che non è d’accordo su questo nuovo modo di concepire la famiglia, sarà denunciato per omofobia. Ecco che, ad esempio, una maestra a scuola non potrebbe più insegnare che il matrimonio avviene fra un uomo e una donna. Siamo arrivati ad un punto in cui la società chiama male il bene e bene il male. Ovviamente esistono i peccati e i peccatori. Tutti noi siamo peccatori e verso tutti i peccatori occorre avere misericordia, ma non c’è misericordia per il peccato, che va condannato. Quando si compie un peccato viene chiamata in causa prima di tutto la nostra coscienza perché non arrivano subito le forze dell’ordine. Dopo che sarà stata approvata questa legge, dire che l’omosessualità è un peccato non sarà più possibile, con conseguente limitazione della libertà di pensiero.
3) Conseguenze per la libertà di insegnamento della Chiesa
Tutto quello che è affermato nel Catechismo della Chiesa Cattolica e nella Sacra Scrittura non potrà più essere detto e quindi gli insegnamenti della Chiesa in questa materia saranno censurati.
La considerazione finale del Professor Palmaro riguarda l’accento di urgenza che nel giro di pochi mesi è stato dato a questa tematica. In molti Stati, da schieramenti politici di segno opposto fra loro, e quindi in modo unanimemente condiviso da tutte le forze politiche, è già stata votata la legge sui matrimoni omosessuali e anche l’Italia si appresta a farlo, come se fosse un’urgenza nazionale. La domanda che sorge spontanea è: in Italia in questo momento c’è, ad esempio, il problema degli esodati: perché allora pensare alle coppie omosessuali affinché possano sposarsi e non invece ai problemi reali della maggior parte della popolazione? E quante altre urgenze affliggono il nostro paese in crisi!
Appare chiaro che quest’ultima svolta giuridica rappresenta il degno epilogo, dopo le leggi per legalizzare il divorzio e l’aborto, perché l’equiparazione delle relazioni omosessuali con quelle eterosessuali è la negazione più radicale della natura umana. In una società in cui si insegna il rispetto per la diversità verso colui che viene da un altro paese e che ha una religione diversa, si permette, dal 1978 di abortire alcuni bambini solo perché “diversi”. Non abbiamo visto in questi mesi la corsa per varare una legge che tutelasse i diritti dei down, ma anzi si assiste sempre più alla colpevolizzazione di quelle mamme che decidono di tenere un bimbo “diverso”. Non è discriminazione questa?
In realtà accade questo perché in una società ingiusta il giusto mi ricorda che sto facendo del male tutte le volte che lo compio. Attraverso la visione filosofica e culturale dell’umanesimo era stata lanciata una sfida alla Chiesa: l’uomo veniva messo al centro dell’universo; egli era la misura di tutte le cose e tutto doveva avvenire per la sua esclusiva realizzazione, attraverso il suo saper fare e la sua magnificenza. Questo pensiero ha innescato il principio di progresso moderno, ma è miseramente fallito, nel momento in cui l’uomo ha pensato di poter essere anche un metro per i principi morali, facendo a meno di Dio e soprattutto del Dio incarnato, Gesù Cristo.
Un lungo applauso ha concluso la serata, segno che anche l’ottava conferenza di Mario Palmaro a Staggia è stata gradita dal numeroso pubblico presente.
RACCOLTA DI ARTICOLI DI MARIO PALMARO
Oltre 100 articoli del grande giornalista, prestigiosa firma del Timone. Per leggere gli articoli >>> Clicca qui!ARTICOLO Famiglia Cristiana propaganda l'ideologia gay
“Mamma, mamma, che cos’è una lesbica?”. La mamma di Pierino ha un attimo di smarrimento, vacilla, cerca di organizzare la risposta, ma per prima cosa chiede al suo bambino: “Dove hai sentito quella parola? Al telegiornale, a scuola o forse al campo sportivo?”. “No mamma: l’ho letta su Famiglia Cristiana”. Al che la povera genitrice corre in soggiorno a sfogliare la gloriosa rivista cattolica dal nome rassicurante. E qui la povera donna scopre, con sgomento, che Pierino dice la verità. Perché nel numero 2 di Famiglia Cristiana di quest’anno, 13 gennaio, sulla terza di copertina campeggia una pagina di pubblicità ideata dal Dipartimento delle Pari opportunità e dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Una pubblicità nella quale si vedono le foto di tre sconosciuti, accompagnate dalla seguente didascalia: “alto”, sotto il primo personaggio; “lesbica” sotto la seconda; “rosso” sotto al terzo, che ha effettivamente i capelli rossi. Segue slogan perentorio: “E non c’è niente da dire”. Segue spiegazione per i più duri di comprendonio: “Sì alle differenze. No all’omofobia”.
A questo punto io capisco benissimo che i lettori si stropicceranno gli occhi, e si metteranno a rileggere questo articolo dall’inizio, pensando di avere avuto un’allucinazione. Ma purtroppo è tutto vero: se portate in casa vostra Famiglia Cristiana, preparatevi a dover spiegare al pupo che cos’è una lesbica o un gay, preparatevi a tenere seminari serali per chiarire il concetto di omofobia, preparatevi a insegnare con pugno di ferro a tutta la prole, e ovviamente anche al genitore numero due (l’uso di parole come moglie o marito potrebbero essere considerate sintomo di omofobia), che intorno a questo tipo di diversità “non c’è niente da dire”.
Ormai anche i più duri di comprendonio l’hanno capito: è partita la più colossale campagna mediatica, ideologica, politica e legislativa di tutti i tempi per trasformare a livello planetario ciò che è anormale in normale, ciò che non è naturale in naturale, ciò che non è fisiologico in fisiologico. Più o meno tutti sanno che la dottrina della Chiesa si oppone a questo disegno di pervertimento dell’ordine naturale. Più o meno tutti sanno che a un vescovo, quello di Trieste, è stato impedito di uscire di casa da un gruppetto di facinorosi semplicemente perché monsignor Crepaldi dice la verità intorno alla sessualità umana. Più o meno tutti sanno che queste sono le prime avvisaglie delle persecuzioni che i cattolici subiranno se non accettano supinamente di omologarsi al “pensiero gaio”.
Dunque fa un certo effetto scoprire che un giornale formalmente cattolico come Famiglia Cristiana, per altro dietro compenso economico, metta in pagina una pubblicità che riassume proprio la “visione del mondo” dell’ideologia omosessualista. Un’ideologia che per altro ha ben poco a che fare con le persone in carne e ossa che vivono questa condizione. Un’ideologia che persegue un obiettivo di tipo culturale e giuridico: eliminare le categorie uomo-donna e rimpiazzarle con un soggetto senza identità definita che trae la sua sessualità non dalla sua natura e dalla sua corporeità “data”, ma dalla sua volontà arbitraria.
Qui non c’entra nulla il rispetto dovuto a ogni essere umano. Qui c’è in gioco la ragione: perché bisogna insultare la ragione per far credere che essere lesbica sia la stessa cosa che avere i capelli rossi o essere alto. Prima ancora che addentrarsi sul terreno accidentato del giudizio morale, qui si tratta di un banalissimo riconoscimento di un fatto antropologico: chiunque sa che i comportamenti o anche solo le tendenze che afferiscono alla sfera sessuale hanno un impatto sulla persona ben diverso dal colore dei capelli.
Ma se poi dal piano naturale ci spostiamo a quello soprannaturale, e ci lasciamo illuminare dalla Rivelazione e dalla dottrina cattolica, beh, allora l’infortunio di Famiglia Cristiana assume proporzioni imbarazzanti.
Che cosa penserebbe don Giacomo Alberione, fondatore della Società di San Paolo, imbattendosi in quella pubblicità dentro a una rivista del suo ordine religioso? Stiamo parlando di quel Beato Alberione che nel 1941, a proposito della “formazione dei nostri aspiranti alla vita religioso-sacerdotale” scriveva che “nei casi anormali di complicità con giovani, ragazzo o compagni, sarebbe follia tentare ancora una prova… anche perché i peccati contro natura, gridano vendetta presso Dio e privano di molte grazie”. Davvero singolare: la rivista dei paolini che pubblica una pubblicità che comporterebbe la condanna come “omofobo” del loro stesso fondatore. Il quale – da vero cattolico – insegnava che si deve “combattere l’errore o il peccato, non l’errante o il peccatore”. Ma che non avrebbe mai trasformato un disordine morale in una normalità per decreto statale, tanto per compiacere il peccatore. Né avrebbe usato le riviste del suo ordine – quelle che una volta si chiamavano “buona stampa” – come “taxi a pagamento” per idee contrarie alla dottrina cattolica e alla verità sull’uomo.
Senza dimenticare che don Alberione volle per la sua famiglia il nome dell’apostolo delle genti, quel Paolo di Tarso che nella prima lettera ai Corinti scrive questo terribile ammonimento: “Non illudetevi: né immorali, né idolatri, né adùlteri, né depravati, né sodomiti, né ladri, né avari, né ubriaconi, né calunniatori, né rapinatori erediteranno il regno di Dio.” Prima che nascesse il “politicamente corretto”, si parlava così.
Insomma, quella pubblicità su Famiglia Cristiana è una brutta pagina di omologazione al pensiero unico dominante, è il simbolo dell’accettazione acritica di un messaggio che è sbagliato nei contenuti e nello stile, e – diciamocelo fuori dai denti – anche una brutta prova di cinismo verso il vasto pubblico dei propri lettori. Verso tutte quelle mamme di Pierino che una famiglia cristiana continuano a pensarla con marito, moglie e figli. E che hanno vissuto benissimo per decenni senza discettare di lesbiche, gay e omofobia.
COMUNICATO In ricordo di Mario Palmaro
Il 9 marzo 2014 l’amico Mario Palmaro si è addormentato in attesa della risurrezione. Ci stringiamo in preghiera accanto alla moglie Anna Maria e ai figli: Giacomo, Giuseppe, Giovanna e Benedetto. Una delegazione degli “Amici del Timone” di Staggia Senese è stata presente al funerale a Monza.
Mario Palmaro ha fatto ben otto conferenze nel nostro centro culturale. Per questo e per l’amicizia che ci ha sempre dimostrato gli saremo eternamente grati.
Gli siamo grati anche per la telefonata che ha voluto fare a don Stefano dieci giorni prima di morire. Lo reputiamo un grande, ultimo, gesto di amicizia.
RIFLESSIONI DI MARIO PALMARO SULLA SUA MALATTIA
“La prima cosa che sconvolge della malattia è che essa si abbatte su di noi senza alcun preavviso e in un tempo che noi non decidiamo. Siamo alla mercé degli avvenimenti, e non possiamo che accettarli. La malattia grave obbliga a rendersi conto che siamo davvero mortali; anche se la morte è la cosa più certa del mondo, l’uomo moderno è portato a vivere come se non dovesse morire mai.
Con la malattia capisci per la prima volta che il tempo della vita quaggiù è un soffio, avverti tutta l’amarezza di non averne fatto quel capolavoro di santità che Dio aveva desiderato, provi una profonda nostalgia per il bene che avresti potuto fare e per il male che avresti potuto evitare. Guardi il Crocifisso e capisci che quello è il cuore della fede: senza il Sacrificio il cattolicesimo non esiste. Allora ringrazi Dio di averti fatto cattolico, un cattolico “piccolo piccolo”, un peccatore, ma che ha nella Chiesa una madre premurosa. Dunque, la malattia è un tempo di grazia, ma spesso i vizi e le miserie che ci hanno accompagnato durante la vita rimangono, o addirittura si acuiscono. È come se l’agonia fosse già iniziata, e si combattesse il destino della mia anima, perché nessuno è sicuro della propria salvezza. D’altra parte, la malattia mi ha fatto anche scoprire una quantità impressionante di persone che mi vogliono bene e che pregano per me, di famiglie che la sera recitano il rosario con i bambini per la mia guarigione, e non ho parole per descrivere la bellezza di questa esperienza, che è un anticipo dell’amore di Dio nell’eternità. Il dolore più grande che provo è l’idea di dover lasciare questo mondo che mi piace così tanto, che è così bello anche se così tragico; dover lasciare tanti amici, i parenti; ma soprattutto di dover lasciare mia moglie e i miei figli che sono ancora in tenera età.
Alle volte mi immagino la mia casa, il mio studio vuoto, e la vita che in essa continua anche se io non ci sono più. È una scena che fa male, ma estremamente realistica: mi fa capire che sono, e sono stato, un servo inutile, e che tutti i libri che ho scritto, le conferenze, gli articoli, non sono che paglia. Ma spero nella misericordia del Signore, e nel fatto che altri raccoglieranno parte delle mie aspirazioni e delle mie battaglie, per continuare l’antico duello”.
Mario Palmaro
27 ottobre 2013
NOI CONTINUEREMO LA BATTAGLIA
Sì, caro Mario, noi raccogliamo le tue aspirazioni e continueremo le tue battaglie in modo da poter dire con San Paolo: “Ho combattuto la buona battaglia, ho conservato la fede” (2 Tm 4,7).
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